L’infortunio in itinere, questo sconosciuto

di Franco MUGLIARI

 

Da una ricerca statistica effettuata da Ornella Pezzotta, sulla base di dati INAIL, si ricava un dato impressionante. Mediamente, negli ultimi 5 anni, il 45% degli infortuni mortali sul lavoro sono legati ad un incidente stradale: il 20%  “in occasione di lavoro” (è il caso del povero 19enne di Padova che per lavoro portava pizze a domicilio) e il 25%  “nel tragitto casa-lavoro-casa“.
Sono molti, infatti, i lavoratori e le lavoratrici che quotidianamente si recano al lavoro senza domandarsi cosa accadrebbe, in caso di infortunio, sotto il profilo del riconoscimento dei danni fisici o, nei casi più gravi, di eventuali postumi invalidanti.

Vediamo innanzitutto cosa dice la normativa ma, ancor prima, togliamoci dalla testa un vecchio retaggio  per cui  qualsiasi cosa dovesse accadere “30 minuti prima e 30 minuti dopo l’orario di lavoro”, determinerebbe sempre il riconoscimento di un infortunio sul lavoro e conseguente risarcimento.

E’ UNA BALLA!

L’INAIL ha più volte negato il riconoscimento dell’infortunio in “itinere” quale infortunio sul lavoro, quindi niente risarcimento ma,  dopo quasi 50 anni di cause civili e di interpretazioni giurisprudenziali è finalmente intervenuta una legge, il D.Lgs. 38/2000, che ha introdotto la copertura assicurativa per gli infortuni subiti dai lavoratori:

  • durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al posto di lavoro;
  • durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro ad un altro;
  • durante l’abituale percorso per la consumazione dei pasti qualora non esista una mensa aziendale.

Attenzione che le eventuali interruzioni e deviazioni del normale percorso non rientrano nella copertura assicurativa ad eccezione di alcuni pochi casi di “forza maggiore” (guasto meccanico; esigenze fisiologiche, necessità di prestare soccorso in caso di incidente, chiusura di una strada). In ogni caso, le soste dovranno essere tali da non alterare le condizioni di rischio.

Dal dicembre 2014 si segnala una grossa novità avendo l’INAIL stabilito che l’incidente occorso al lavoratore nel tragitto casa-lavoro-casa, interrotto o deviato per far fronte ad esigenze familiari (ad es. per accompagnare il proprio figlio a scuola),  potrà essere ammesso alla tutela assicurativa. L’indennizzo sarà peraltro subordinato alla verifica della necessità dell’uso del mezzo privato nonché delle modalità e delle circostanze del singolo caso. Non sarà semplice definire il significato da attribuire al concetto di “esigenze essenziali” cui la circolare fa riferimento.

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E la bicicletta?

Molte lavoratrici e lavoratori usano la “bici”, propria o in condivisione (bike sharing), anche per recarsi al lavoro. E le amministrazioni pubbliche, le associazioni ambientaliste, quelle dei cicloamatori, promuovono tale opzione perché compatibile, come poche altre, con l’ambiente e la sua tutela (non inquina, non fa rumore, non consuma carburante, ecc.) senza contare che una bella pedalata fa pure bene.

L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo di un mezzo di trasporto privato e la bicicletta è tale al pari di tutti gli altri (auto, motorino ecc.).  La copertura assicurativa Inail nel tragitto casa-lavoro-casa è prevista solo se si dimostra che il suo utilizzo è “necessitato” (es: inesistenza di mezzi pubblici che colleghino l’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro, incongruenza degli orari dei servizi pubblici con quelli lavorativi, distanza minima del percorso tale da poter essere percorsa a piedi).

Molte lavoratrici e lavoratori  ciclisti, che usano la bicicletta in sostituzione del mezzo pubblico, si son visti pertanto negare il riconoscimento dell’infortunio dall’Inail poiché avrebbero potuto usare il mezzo pubblico o, andando a piedi, nel caso di una distanza esigua.

In questo caso l’infortunio in itinere, non essendo riconosciuto come tale, rientra nella categoria “malattia”, con la conseguente negazione di tutte le maggiori tutele previste per gli infortuni sul lavoro.  E non parliamo ovviamente solo della fascia di reperibilità cui la malattia ti costringe.

Un passo in avanti per la tutela del lavoratore infortunatosi in bicicletta lo si deve alla decisione dell’Inail del 2011 che prevede che l’infortunio venga comunque indennizzato, nonostante la possibilità di utilizzo del mezzo pubblico, quando l’incidente sia avvenuto su una pista ciclabile o in una zona interdetta al traffico veicolare giustificando tale estensione con il fatto che transitando in zona “protetta” il ciclista non assume volontariamente un maggior rischio.

Nei casi di percorso misto, effettuato in parte su percorso protetto e in parte su strada aperta ai veicoli a motore e, nel caso in cui l’infortunio si sia verificato in questo ultimo tratto, potrà essere indennizzato solo in presenza delle condizioni che rendano necessitato l’uso della bicicletta.  Un primo passo verso il riconoscimento della bicicletta quale mezzo socialmente utile e, in quanto tale, meritevole di tutela alla stregua di un mezzo pubblico.

 

Gli articoli di Franco Mugliari sono presenti anche sul blog: http://muglialafuria.blogspot.it/

 

Safety Focus – Anno II – Numero 15 – 17 Settembre 2015