“Cantieri Criminali”: quando il silenzio diventa complice

Debutta il nuovo format di Mario Stigliano, ingegnere della sicurezza, che racconta la verità taciuta dei cantieri italiani. La prima puntata, “Il prezzo del silenzio”, è una denuncia diretta e senza filtri contro un sistema che preferisce ignorare i pericoli piuttosto che affrontarli.

di Redazione

Nel panorama italiano dei programmi dedicati al mondo del lavoro, raramente si ha il coraggio di andare oltre la superficie. Raramente si osa chiamare per nome ciò che accade nei cantieri quando la sicurezza viene trattata come una fastidiosa burocrazia da aggirare. Cantieri Criminali, il nuovo format condotto dall’ing. Mario Stigliano, rompe questo silenzio con una narrazione cruda, autentica e soprattutto vera.

La prima puntata, “Il prezzo del silenzio”, è un pugno nello stomaco. Una testimonianza diretta di cosa significhi essere un Coordinatore della Sicurezza che decide di non piegarsi alle logiche del profitto. Una storia personale, ma tristemente universale, che svela i meccanismi subdoli di un sistema che premia l’obbedienza cieca e punisce la coscienza professionale.

Il cantiere dove il silenzio uccide.
La puntata si apre con una frase che sintetizza il cuore del format: “Un cantiere criminale non è solo quello dove si muore. È quello dove qualcuno decide di ignorare i pericoli. Dove la sicurezza è un fastidio. Dove la vita costa meno di una penale contrattuale.

Mario Stigliano non racconta un incidente, non mostra sangue o sirene. Racconta la vigilia della tragedia, quel momento in cui tutti sanno, ma nessuno parla. Racconta un grande cantiere, un progetto con un budget importante, e una criticità strutturale che mette in pericolo la vita degli operai. Una criticità che non nasce da una svista, ma da scelte sbagliate in fase progettuale, da una gestione superficiale, dove il profitto ha progressivamente scalzato ogni altra priorità.

Il Coordinatore della Sicurezza, cioè lui stesso, segnala il problema in riunioni ufficiali, per iscritto, via email. Ma la risposta è sempre la stessa: fastidio, indifferenza, minimizzazione. Fino alla telefonata decisiva.

Ciao Mario, non condividiamo le tue segnalazioni. Non c’è nessuna criticità. Se non fai come diciamo noi, ti togliamo l’incarico.

Le parole pronunciate nel video non lasciano spazio a dubbi: si tratta di un ricatto. Una pressione per indurre il tecnico a modificare la propria valutazione, ad “allinearsi”, in cambio della prosecuzione dell’incarico. Nessun confronto tecnico, nessuna valutazione oggettiva. Solo una logica brutale: o fai quello che vogliamo, o sei fuori.

Stigliano descrive questo momento non come una scelta personale, ma come un bivio etico: accettare e diventare complice, o opporsi e perdere l’incarico. Sceglie la seconda strada, consapevole delle conseguenze, ma coerente con il proprio ruolo e con il rispetto dovuto a chi lavora in cantiere ogni giorno.

Quello che emerge da “Il prezzo del silenzio” è un quadro preoccupante, ma purtroppo realistico: nei cantieri, la sicurezza è spesso percepita come un intralcio, non come una responsabilità. I manager guardano i cantieri “da Excel”, dai numeri, senza vedere la polvere, il sudore, la fatica reale. Quando qualcosa non va, non si affronta il problema: si colpisce chi lo segnala.

Il format non punta il dito alla cieca, ma mostra un meccanismo sistemico:

– minimizzare i rischi

– ignorare le segnalazioni e isolare chi le fa

– sostituire chi “crea problemi” con chi si adatta

In questo contesto, la richiesta di silenzio diventa prassi, e chi non accetta diventa un bersaglio. Ma c’è un punto, sottolineato con forza nel video: “Comprare il silenzio non è solo scorretto. È criminale.”

Cantieri Criminali non è fiction. Non è un racconto romanzato. È una serie di storie vere, raccolte, verificate, vissute. In ogni episodio, Stigliano racconterà casi reali accaduti in Italia, con nomi e contesti modificati per proteggere le persone coinvolte, ma con l’essenza intatta.

Non si tratta di semplici “denunce”, ma di inchieste in prima persona, narrate da un professionista che ha scelto di non piegarsi. Stigliano non vuole diventare un “influencer della sicurezza”. Vuole fare cultura, creare consapevolezza, riportare la sicurezza dove dovrebbe essere: al centro di ogni cantiere.

Un altro aspetto forte del primo episodio è la solitudine dei tecnici. Coordinatori della Sicurezza, RSPP, spesso trattati come figure puramente formali, vincolati alla carta, ma senza potere reale nei confronti di committenti o imprese. Eppure sono loro i primi a vedere i pericoli, a doverli segnalare, a prendersi responsabilità enormi. Ma troppo spesso vengono lasciati soli.

Preferisco discutere con un committente, piuttosto che dover parlare con la famiglia di un operaio che non torna a casa.

In questa frase c’è tutta la drammaticità del ruolo tecnico: essere l’ultima linea di difesa prima dell’incidente. E sapere che, se si resta in silenzio, non si potrà mai più tornare indietro.

Il messaggio finale del primo episodio è potente e inequivocabile: “La sicurezza non è una trattativa. È una scelta. Se stai zitto, stai firmando una complicità.”

In pochi minuti, Il prezzo del silenzio riesce a condensare emozione, verità e indignazione. Non ci sono effetti speciali. Non ce n’è bisogno. Basta una sedia, una voce e una storia vera per far emergere tutta la gravità della situazione.

Il programma si rivolge non solo agli addetti ai lavori, ma a chiunque abbia a cuore il tema della giustizia sul lavoro. Il lancio ha già generato centinaia di commenti sui social, con testimonianze di lavoratori, tecnici, professionisti che si sono riconosciuti nelle parole di Stigliano.

Molti raccontano di pressioni subite, di criticità ignorate, di episodi taciuti per paura. E proprio questo sembra essere l’obiettivo più profondo del format: rompere il silenzio collettivo.

In un Paese dove gli infortuni sul lavoro sono ancora all’ordine del giorno, dove ogni giorno muoiono tre operai, dove spesso la sicurezza viene considerata un costo da tagliare, progetti come Cantieri Criminali non sono solo utili. Sono necessari.

Perché raccontare la verità è già un atto di giustizia. E perché non c’è incarico, non c’è commessa, non c’è profitto… che valga più della vita di una persona.